La pandemia da Covid-19 ha prodotto immediatamente la sua infodemia: le informazioni false, manipolate o non verificate hanno iniziato a correre ea diffondersi molto più efficacemente del virus, agevolate da una psicosi di massa e da un’opinione pubblica globale alle prese con un’agenda mediatica monotematica, concentrata ossessivamente solo sul virus. Non pensiamo che al Covid-19, è il nostro nemico unico. Ciò comporta un’attenzione “sovralimentata”, in un clima di grande incertezza, e una spasmodica ricerca di soluzioni e di colpevoli, per provare a spiegarci ciò che non sappiamo. Abbiamo un enorme “buco” da riempire e un conseguente e fortissimo bisogno di chiusura cognitiva.
Abbiamo letto, visto e sentito le teorie più disparate sull’origine del virus, sul vaccino e sulle terapie, su chi viene colpito e chi no. Tutte ampiamente viralizzate (e spesso credute) molto più rapidamente dei contagi del virus. Ma se contro il Covid c’è un piano, per quanto debole e limitante (lockdown, distanziamento sociale, guanti e mascherine… in attesa di vaccino e terapie), contro l’infodemia non c’è. O almeno, non c’è un piano accettabile in una società aperta e in un regime democratico. Non si può mettere in lockdown l’informazione, tanto meno nell’era dell’autocomunicazione di massa e dei citizen journalist. Sarebbe inaccettabile e probabilmente anche inutile, perché difficilmente realizzabile in concreto e perché alimenterebbe ulteriormente ogni sorta di teoria del complotto. Come sempre, tuttavia, sono le informazioni più credibili a diventare anche le più “contagiose”. Un esempio da manuale è ciò che si è ingenerato in Italia per via di un servizio del TGR