Nello scenario della produzione architettonica e della ricerca tecnologica contemporanea sta maturando una presa di coscienza piuttosto forte su una questione centrale nel rapporto architettura-ambiente. E’significativo infatti che finalmente si parli di un edificio come di una “pelle” e non meramente come di una “protezione”, qualcosa che “respira”, che regola-nel senso più ampio della parola-le condizioni climatiche e ambientali tra interno ed esterno. E’il segnale che si sta cominciando a guardare a questa “pelle “in analogia a quella delle creature umane. Il bisogno di riconoscere queste analogie e di sviluppare edifici con relazioni complesse variabili e regolabili interno-esterno e con qualità adattabili dal punto di vista termico e visivo, è un punto cardine su cui occorre porre la massima attenzione per compiere i passi necessari nella direzione di un equilibrio uomo/architettura/ambiente. In questo senso, riferire all’idea di involucro quale “membrana” o “pelle” dell’organismo edilizio vuole essere, da un lato, il modo per ribadire la qualità osmotica di un processo di scambio che riguarda flussi di energia e di informazioni; dall’altro anticipare il ruolo sempre più pregnante che la soluzione costruttiva di questo elemento ha conquistato nell’ambito di una sperimentazione tecnologica che, nel suo essere sempre più sensibile e consapevole delle problematiche ecologiche ed ambientali, vede all'involucro architettonico non più solo come semplice barriera protettiva, ma soprattutto come complesso sistema-filtro selettivo e polivalente.